
Nel poema epico l’Odissea di Omero Scilla viene invece raffigurata come un mostro marino, con l’aspetto di donna nella parte superiore del corpo e con con sei mostruose teste di orrendi cani latranti nella parte inferiore. Narra la leggenda che Scilla fosse un tempo una bellissima ninfa della quale si innamorò Glauco, un pescatore che un prodigio aveva trasformato in un dio marino, metà uomo e metà pesce. Impaurita dall’aspetto di Glauco la ninfa Scilla scappò per rifugiarsi nell’alto di un monte, lasciando Glauco solo e disperato nel suo dolore. Glauco per conquistare l’amore di Scilla si recò allora dalla maga Circe per chiedere un filtro d’amore che facesse innamorare di lui la ninfa. Dopo aver ascoltato la sua storia la maga Circe rimproverò Glauco, ricordando che un dio non ha bisogno di supplicare l’amore di una ninfa e gli propose di unirsi a lei.
Glauco si rifiutò di accettare la proposta, perchè innamorato di Scilla non avrebbe mai tradito il suo amore. La maga Circe allora, accecata dall’ira per il rifiuto ricevuto, sparse una pozione nelle acque limpide dove Scilla era solita immergersi trasformando cosi la ninfa in un mostro marino con le sembianze di una donna fino al bacino e con sei lunghi colli nella parte inferiore del corpo dai quali spuntavano sei orrende teste di cane. Scilla terrorizzata dal suo aspetto si rifugiò allora nella cavità di uno scoglio in questo tratto di costa che da allora prese il suo nome.